DE CORTO: GLI ANNI NOVANTA AD AREZZO
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Leader indiscussi del periodo due gruppi: gli Inudibili e i De Corto. I primi, alfieri di un rock italiano fortemente imparentato coi Rolling Stones, diventeranno qualche tempo dopo i Negrita e nessuno sarà più in grado di fermare la loro ascesa verso il successo. I secondi invece, più politicizzati e classificabili forse come “Combat rock”, non diventeranno mai famosi, ma lasceranno comunque un’indelebile testimonianza del loro passaggio con tantissimi live in giro nella zona e un cd, indimenticabile.
E’ il cd che ho l’onore di avere fra le mani: “Dopo la caduta dell’impero romano”. Dieci tracce piene di grinta e determinazione, con un cantante (il mitico Massimo Ferri, che adesso è uno splendido quarantenne che organizza eventi culturali) che disperatamente “cerca un modo naturale di non essere banale” (come urla in “Cerco un modo”) e racconta con rabbia e grande sensibilità della “battle of Los Angeles” (nell’opener “Fuoco a Los Angeles”), della prima guerra del golfo (in “Missione di pace”) e mille altre tematiche del suo tempo. Ad accompagnarlo una line-up stratosferica in cui, a parte il ben noto chitarrista Carlo “Balla” Ballantini, ancora attivissimo con la Ballatine Band, figurano il bassista Riccardo Mancini, il batterista Francesco Cesari e la “voce recitante” di Cecco “Sciopero” Cesari.
Non è facile reperire questo cd, ma l’ascolto è assolutamente da consigliare. Anche perché la forza maggiore sta proprio nelle parole, in quella ricerca del non-banale che in questo gruppo sapeva portare frutti notevoli. Ed ecco quindi che fra le tante frasi storiche una mi sembra davvero un evergreen intramontabile, adattabile ad ogni circostanza, una frase che dimostra come passano gli anni, restano i problemi, ma resta anche qualcuno che contro questi problemi ha voglia di lottare: “Voglio sopravvivere a questa piatta città ricordandomi che posso renderla vitale prendendola di petto per poi riuscire da solo a cavarmela inseguendo l’istinto consapevole…”
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